Eravamo d'accordo che fosse un'emozione
dicevi - a noi non occorre il luogo della voce -
eppure quel rumore nell'orecchio
acuto come la promessa di un incontro - c'era -
a fare in mille pezzi le falene affamate di ombre
che sigillavano la gola
e fu vera anche l'attesa
di toccare la sostanza delle braccia
poi capovolta nella tramontana fangosa
chiamiamola tristezza questo mare che avanza
nel petto
ma a guardarlo da vicino è solo una chiazza di neve color sangue
- stasera - che non puoi capire e dici - torna -
questa è l'ora in cui vivere è una banale menzogna
le cose stavano qui da sempre
pronunciate e mute
offerte
alla solitudine
all'inevitabile sfioritura dei gigli sulla duna
e quale confine remoto è esploso improvviso di primo mattino
non saprei dirti
ha sfondato il petto
ineluttabile come il diluvio
è che io non ho mai compreso
come si possa stare in un deserto verticale e guardarti negli occhi
e l'inaudita urgenza delle radici
non guarisce dal morbo della tenebra
ho dita spezzate ma scaverò una fossa di calceviva
per affrontare nella carne il patimento
di un vento
che trascina lontano pollini di zagare e
pesci d'argilla.
Tutti i diritti riservati © Stefania Stravato
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