Tuesday, April 9, 2013

Il ramo




E adesso che te ne fai dei miei silenzi
delle mie piccole mani 
che spostano inutilmente maree di fanghiglia dalle tempie
e non arrivano a toccare i muri dove solo ieri ho appeso sonagli di conchiglie.

Che te ne fai delle mie vene inutilmente azzurre.
Radici fuori dai solchi. Vagano la notte.

Non resisterò al sole di tempesta.

Deserti.
E in gola l'oriente tintonero.

Dove nascondi le piogge d'orofino dio?
mille volte le ho sentite attraversarmi il nome 

e i pontili dove incontrarsi a primasera
per dimenticarsi un'ora 
dove li hai messi dio
dove li hai sepolti?

allora percuotimi 
percuotilo forte questo dolore
che nel petto lo sai 
ho vecchiezza d'ulivo 

quante volte ho dato fuoco ai giacigli d'amore

ma adesso non provare a fermarmi mentre vado a morire nella terra dei gabbiani

più di così non soffrirò
i coltelli del tramonto nella schiena

inferno mi porto via sulla bocca
la linfa di un ramo che non mi ha trattenuta


e dell'arsura patita 
che resta.

Aranci antichi verso riva.

Stefania Stravato  ©  Tutti i diritti riservati

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