Sunday, March 17, 2013

Le radici del canto











spigoli di pietra contornano la conca stretta del petto

è il muro l'orizzonte
e mi sorregge malamente 
pur essendo io
soltanto una nervatura di foglia nel calco del tempo

si aspetta l'alba nella frana
le grida 
uccelli in migrazione dalle rifiorenze


ma non si lascia corrompere dall'aria
questa coda d'ombra sopravvissuta al salmastro
che ancora sonda gli scavi nel bianco d'ossa 

dai meridiani divelti cadono serpi mormorando salmi 
eppure c'è un transito di luce
ogni volta che dal ramo si stacca una stella

un'eco in fuga dal rigore della morte
è luogo in sospensione
per il canto crocifisso nella piaga del silenzio supremo 

confusa di istanti e millenni
sarò l'orfana di tutti i possibili amori
in ginocchio alla memoria stuprata dagli spettri di mille aurore
e la neve 
mi terrà tutt'una a patire il suo peso
sul fiato rovesciato 
e braci di tetti infamarmi la voce

ma la commozione di contare notti allineate sui palmi
usurperà la via al furore del coltello nella vena


salva dalla vita ti troverò che ti sveli infine
vertigine fossile del vagito primigenio

dietro queste rovine di cielo dimenticate nei prati
dilagando da un seme gonfio d'oscuro presagio

e mi affaccerò 
le palpebre riflesse nella tenebra 
a calpestare in punta di piedi 
la bellezza perfetta delle radici che trattengono il dolore.


Tutti i diritti riservati © Stefania Stravato

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