Saturday, March 14, 2015

L'idioma del deserto


Immense latitudini le mani
spostano schiuma d'onda
da un altro naufragio
(che si annunciò) nella fuga dei gabbiani

è ombra che sconfina la nube
un giro lento i passi lasciati alla sorte

poi un tumulto improvviso
il plenilunio addosso
di natura salmastra 

lo lascerò morire senza cercare ancora di dargli un nome

da notte a notte è insostenibile la sua carne
che rivolta le zolle di sabbia nei fondali
e distorce la luminanza del faro

urla a sorpresa
l'idioma del deserto
tra l'inizio del fuoco e la voce dell'acqua

nella geografia di notti
colme di volti senza più memoria

così ci sorprendono gli dèi all'alba:
immemori
erranti tra gli scogli

sostenuti dall'azzurro di giugno
e si fugge
imperfetti
il ricco bagliore

in bocca la dura sostanza di una salina

qualunque cosa accada
perché non sia rimpianto
volgersi ad un mare che tace ogni sua onda

la sua eco si sparge
dalle ferite di martirii remoti

le sconfitte dissepolte dai venti
(che giacciono) 
nelle buche dove si svuota ogni marea

dai silenzi delle donne
alte sugli scogli
che si immolano alle attese delle tempeste

una penombra negli occhi
attraversata dall'aspro di onde

che ci tenesse la schiena salda alla scogliera
senza temere
il richiamo dell'abisso

potremmo respingere a mani nude
il fuoco divino

bendarci l'aspro del dolore solo con le strida dei cormorani
in grembo a quale remota notte 
già inabissata

a distanza irraggiungibile 
il luogo delle labbra
colme di baci

germina il morbo nel sangue

e dilaga oscura
la marea

che si ravvolge ai passaggi del respiro

intanto sorgono dure radici al suo fondo
e non sapremo dove si annoderanno

se negli attimi sfuggenti d'acquamarina
o nelle rese sconfinate dell'oscurità.



Stefania Stravato ©  Tutti i diritti riservati

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